“Un guerriero non può abbassare la testa, altrimenti perde di vista l’orizzonte dei suoi sogni”

P. Coelho.

Un territorio sferzato dal vento di mare, dal sole estivo, arroccato e quasi isolato, arido e impervio, ma fertile se curato e assecondato, così chilometri di muretti a secco.

Muretti impilati uno sull’altro, accostati come le case torri, muretti dal mare al limite del cielo, come sculture secolari.

Pietre al sole arroventate dal calore estivo, case per le serpi e custodi delle vigne, dei limoni e dell’ulivo.

Muretti che limitano gli orti e misurano il piede dell’uomo che se ne prende cura.

Muri pericolosi, pericolanti, muretti che reggono una struttura unica al mondo, muretti che segnano il paesaggio come rette infinite, muri di sasso che parlano della storia delle Cinque Terre.

Il vino nasce lì, la vigna sta bene lì.

Vigne di Bosco, Albarola e Vermentino, vigne difficili in un territorio difficile.

Mille scalini dal mare, mille scalini dalla cima delle colline, sudore e caparbietà, fatica e salsedine.

Non c’è soluzione diversa dal mantenere saldi alla roccia i muretti a secco, non c‘è un piano “B” per la viticoltura delle Cinque Terre.

Si parla di recupero dei vigneti, meglio sarebbe parlare di restauro, come se si trattasse di un’opera d’arte; in sostanza si tratta di un’opera d’arte perché visitata e fotografata da migliaia di turisti ogni anno.

Ci sono progetti per la salvaguardia, ma è tutto affidato a pochi, gli “eroi”, i viticultori eroici, che non mollano, anzi, ripartono ad ogni frana, ad ogni sasso caduto, ma l’opera è maestosa, ci vogliono mani e denaro, il tempo per i muretti non è infinito e si aprono ferite insanabili con le piogge d’autunno.

Ci vogliono mani e menti che si pieghino al sacrificio senza guardarsi intorno, che lottino contro l’abbandono, contro le siepi e il menefreghismo.

Se si tratta di un’opera d’arte, se veramente le Cinque Terre sono Patrimonio dell’Umanità, l‘uomo che non si prende cura del suo pezzetto di patrimonio deve fare un passo indietro e lasciare che altri abbiano il coraggio di sporcarsi le mani con la terra e permettere che tutto ciò sopravviva.

Il tempo non dà sospensive all’incuria e ora più che mai non servono “eroi” sopravvissuti, ma terra, sassi, barbatelle e denaro.

Se la vigna è cultura, se i muretti sono arte, se le Cinque Terre sono patrimonio dell’umanità dobbiamo fermarci, prendere fiato salire sino al limite dei paesi e non girarsi indietro.

I vigneti tra i muretti sono lì, più sotto turismo inconsapevole e veloce.

Tutti guardiamo assorti l’orizzonte, ma non è lo stesso orizzonte per tutti.